C’era una volta una vita senza Emoji. Era un’epoca in cui le emozioni venivano comunicate attraverso il testo scritto, scegliendo e combinando tra loro parole con estrema precisione per poter trasmettere il tono e la temperatura del contenuto che si intendeva far pervenire ad un interlocutore senza essere fraintesi.
Oggi è diventato estremamente semplice declinare il tono di una frase da scherzoso a drammatico; basta sapere come scegliere l’Emoji giusto. Per questo c’è Emojipedia, un’enciclopedia online che raccoglie tutti gli Emoji da copiare.
Tuttavia, allo stesso tempo è diventato difficile, se non impossibile, comunicare senza l’ausilio di questi simpatici simboli.
Come siamo arrivati a questo punto? Tutto ha avuto inizio con le Emoticon. Ebbene sì, Emoji ed Emoticon non sono la stessa cosa. Ma facciamo un po’ di chiarezza.
Qual è la differenza tra Emoji e Emoticon
La differenza principale è che le emoticon sono costituite da simboli di interpunzione combinati tra loro per esprimere un’emozione, mentre gli Emoji sono un set di immagini grafiche che simboleggiano sia stati d’animo che parole e concetti.
Ma, probabilmente, si possono considerare le Emoticon come le antenate degli Emoji, e questi ultimi la naturale evoluzione avvenuta contestualmente al progresso della messaggistica istantanea e all’affermazione degli Smartphone come predominate strumento di comunicazione.
Un po’ di storia
Le Emoticon nascono nel 1982 dalla mente dell’informatico americano Scott Fahlman, che un bel giorno decide di mettere insieme due puntini un trattino e una parentesi per sottolineare il tono serio o umoristico delle comunicazioni interne tra colleghi dell’Università Carnegie Mellon dove insegnava.
Ma cosa significa Emoticon? Il termine nasce dall’unione di due parole inglesi:
Emotion + Icon = simbolo che esprime un emozione
Il limite principale di questo tipo di comunicazione era l’orientamento perpendicolare al rigo di testo del simbolo.
Successivamente, con la grande diffusione della messaggistica SMS e delle e-mail, è stato assegnato un codice UNICODE ad ogni combinazione di segni.
Gli sviluppatori di software assegnarono a ciascun codice un pittogramma, le note Smile, rendendo più immediato l’inserimento del simbolo all’interno del testo, senza dover ricordare ciascuna combinazione di segni. Nascono così le prime faccine gialle, che ritroveremo successivamente negli Emoji.
Quando nascono gli Emoji?
Gli Emoji nascono in Giappone nel 1998 grazie all’intuizione di un dipendente dell’azienda di comunicazioni NTT DoCoMo, Shigetaka Kurita. Fu lui a creare il primo set di 176 simboli, intuendo la tendenza a condividere sempre più immagini e meno testo.
Ma la strada che porterà gli Emoji ad essere condivisibili su diversi dispositivi e piattaforme ha richiesto altri dieci anni di progressi. Nel frattempo la famiglia si è allargata e attualmente sono disponibili 3663 Emoji.
Il significato degli Emoji è nel nome stesso:
E + mo +ji = immagine + scrittura + carattere
Quindi, cosa sono gli Emoji? Gli Emoji sono pittogrammi, immagini che rappresentano un oggetto reale come ad esempio una montagna, un animale, una torta. Ma gli Emoji sono anche ideogrammi, immagini o simboli che rappresentano un’idea, un concetto o uno stato d’animo, come le faccine gialle.
Dagli SMS a WhatsApp: i messaggi istantanei
Da quando la messaggistica istantanea è entrata nelle nostre vite, il modo in cui veicoliamo, non solo le informazioni, ma soprattutto le emozioni, è cambiato ad una velocità impressionante.
Abbiamo mosso i primi passi verso la transizione alla comunicazione digitale con gli innocui, o almeno così sembravano, SMS. La comparsa del primo MMS è stato come atterrare sulla Luna, senza tuta protettiva. Con i piani tariffari non adatti alla nuova tecnologia, il controllo del credito residuo era un’ossessione. Finché nel 2009 l’Impero della Tecnologia non ci fa dono di WhatsApp, il paradiso gratuito degli Emoji.
A cosa servono gli Emoji?
Comunicare diventa rapido, facile, le parole si accorciano, la temperatura del concetto espresso varia a seconda della faccina abbinata.
Puoi insultare scherzando, basta mettere l’Emoji con la lingua di fuori, usata per sdrammatizzare. Con l’Emoji che fa l’occhiolino, in genere usato per dare un tono scherzoso ma anche ammiccante e seducente, puoi fare il primo passo senza rischiare l’umiliazione (se ti dà picche puoi sempre precisare che scherzavi e ne esci con la dignità pulita).
L’Emoji che ride con le lacrime è il più usato a quanto pare; ci ha resi tutti persone dotate di grande umorismo che ridono a crepapelle.
La fatica di vivere è ben rappresentata dall’uso intenso dell’Emoji con la gocciolina dello scampato pericolo, che ben si abbina a contesti diversi, sia comunicazioni professionali, e in quel caso sei un valido collaboratore che se l’è cavata alla grande in una situazione complessa, sia in ambito personale se sei alla ricerca di comprensione per i tuoi sforzi quotidiani e vuoi preparare il terreno per una serata rilassante.
E poi c’è l’Emoji con la goccia al naso, forse il più frainteso. Vi sconsiglio di usarlo per declinare un invito, causa raffreddore, perché potrebbero fraintendervi. In realtà il naso colante in Giappone simboleggia la noia.
La preistoria della comunicazione
E poi accade che per caso ritrovi tra le pagine di un libro la lettera scritta, sì, dico davvero, scritta con la penna blu dal tuo primo fidanzato. A parte l’orrore di ritrovarsi di fronte a quel contenuto, che col senno di poi puoi definire totalmente fasullo, oltre che fuorviante nelle scelte di vita compiute in seguito, ti sommerge l’incredulità che sia esistito realmente un modo di comunicare così prolisso e senza Emoji.
Davvero basta un simbolo, un Emoji con il cuore, un cuore pulsante, il cuore trafitto da una freccia, una faccina gialla con gli occhi a cuore, e magari tutti questi simboli insieme, se proprio ci vogliamo dilungare, per esprimere il medesimo concetto espresso vent’anni prima con una lettera manoscritta di non si sa nemmeno quante parole, a meno che non le si conti una ad una? Forse no, ma ora si usa così.
Ed è naturale a questo punto richiamare alla memoria l’immagine delle incisioni rupestri che vedemmo da bambini in gita in Valle Camonica; in un certo senso da lì siamo partiti, dai pittogrammi incisi nella pietra, e ai pittogrammi siamo tornati, anche se il supporto si è notevolmente evoluto.
L’evoluzione della transizione digitale nelle comunicazioni non ha paragoni nella storia dell’uomo per la velocità con cui è avvenuta e si è integrata nella gestualità dell’Essere Umano in modo irreversibile. Lo Smartphone è ormai diventato un organo vitale, tanto da ritenere impensabile vivere senza.
Senza Emoji non sei Umano
Vi è mai capitato di inviare un messaggio con WhatApp senza Emoji? Magari perché non c’era il tempo di cercare la faccina giusta, oppure perché incautamente avete pensato fosse superfluo inserire altro al concetto espresso a parole. Vi assicuro che questo è il modo migliore per scatenare il panico nel vostro destinatario.
Le ragioni di un messaggio senza Emoji di sole parole possono essere:
- Stai così male che non te la senti nemmeno di esprimere i tuoi sentimenti
- Sei talmente arrabbiata/o che nemmeno l’Emoji Pupazzo di Neve potrebbe rappresentare la freddezza del tuo cuore in quel momento
- Non volevi essere disturbato ma rispondi per pura cortesia
- Non sei Umano perché non hai emozioni
Esistono sicuramente altri casi riconducibili alla mancanza di Emoji nelle messaggistica istantanea e probabilmente ognuno di noi sarà portato a reagire in modi differenti ad un tale affronto, in base alla propria sensibilità o emotività; io personalmente ho la straordinaria capacità di creare nella mia testa la sceneggiatura di un colossal catastrofico hollywoodiano.
Dopo questa riflessione sull’importanza che gli Emoji hanno assunto nella nostra comunicazione quotidiana, voglio lasciarvi con un quesito distopico: secondo voi, cosa accadrebbe se all’improvviso non potessimo più accedere a questi simboli colorati come ausilio all’espressione delle nostre emozioni e stati d’animo? Io mi immagino un mondo post-apocalittico fatto di fraintendimenti, in cui le relazioni sociali vanno a schiantarsi tra loro come aerei durante un black-out della torre di controllo.
E voi?